Inverno demografico italiano: quale futuro per l’Italia?

L’istituto nazionale di statistica (Istat) il 19 febbraio ha diffuso un allarmante report recante i dati sugli indicatori demografici dell’anno 2015. È stato rilevato un drammatico calo delle nascite: 488 mila (8 per mille residenti), quindicimila in meno rispetto al 2014. Il minimo storico dall’ Unità d’Italia. Il tasso di natalità scende dall’8,3 per mille nel 2014 all’8 per mille nel 2015. Quanto fotografato dall’Istat deve far riflettere tutti: la politica, il volontariato, l’opinione pubblica.

Le reazioni: la politica e l’associazionismo

A poche ore dalla pubblicazione del report molte sono state le prese di posizione sul tema. Dal Ministero della salute arriva un messaggio chiaro: «Le culle vuote sono il principale problema economico del paese». Il ministro Beatrice Lorenzin commenta così i dati dell’Istat. «Un paese dove non nascono bambini – ha continuato – è destinato a chiudersi su se stesso. Lo scenario futuro è orrendo. Serve ora un grande investimento culturale per cambiare il messaggio che è passato negli ultimi 40 anni[1]». Dal mondo dell’associazionismo di ispirazione cattolica una voce si erge sulle altre. «Siamo preoccupati non tanto per il crollo, prevedibile, delle nascite, quanto perché la politica non sembra aver compreso bene le conseguenze di questo inverno demografico». Così ha commentato il neoeletto presidente del Forum delle Famiglie, Gianluigi De Palo. “Quando accade che in un Paese con questo problema demografico, chi mette al mondo un figlio rischia di diventare povero, la politica non può stare a guardare. Chiediamo al Presidente Renzi – ha continuato De Palo – di mettere al centro dell’agenda politica questa assoluta priorità. Il Forum da oltre 15 anni chiede, inascoltato, un fisco più equo per le famiglie che non ce la fanno più. Non si può più rinviare una riforma simile soprattutto quando le donne sono costrette a ritardare sempre più il loro desiderio di maternità e a nascondere il pancione al datore di lavoro e quasi 100 mila giovani italiani preferiscono emigrare all’estero per realizzare i loro sogni e fare famiglia[2]“.

Le cause della denatalità

 Identificare le cause della denatalità è un compito molto arduo. Senza avere la pretesa di essere esaustivi proviamo a riflettere a dare alcune indicazioni: le cause sono di tipo culturale, economico, sociale – lavorativo.

Alla base del problema della denatalità vi è una crisi culturale ormai sotto gli occhi di tutti. La diffusione di un modello antropologico di tipo individualistico si dimostra nemico della natalità per due motivi: da una parte, l’idea di avere un figlio viene vista come privazione della propria libertà tanto ad arrivare, in alcuni casi, ad eliminarne ogni previsione per il futuro; dall’altra, quando arriva una gravidanza indesiderata – anche a causa di altri motivi, che comunque non giustificano mai la soppressione della vita nascente – si opta per l’aborto. Ad oggi (dati preliminari del 2014), anche se il numero di aborti è in calo del 5% rispetto ai dati definitivi del 2013, si sono registrate 97.535 interruzioni di gravidanza[3]. In altre parole, mancano circa cento mila bambini al popolo italiano (ai quali vanno aggiunte le decine di migliaia di aborti da farmacologici non conteggiati dalla relazione ministeriale). Un dato veramente drammatico.

La crisi economica è certamente un’altra delle cause principali. È rilevabile da tutti che il figlio, all’interno della famiglia, diventa una voce di spesa a cui spesso non si riesce a far fronte. Secondo l’ultimo rapporto di Federconsumatori è stato registrato che avere un figlio è diventato un lusso, mentre l’arrivo di un secondo bambino espone, addirittura, al rischio di povertà: la spesa media per un figlio, dai 0 ai 18 anni, è di circa 170 mila euro, per alcune famiglie è come un secondo mutuo[4].

Altamente simbolica e profondamente evocativa del problema è stata la marcia de I passeggini ideata e organizzata da Gigi De Paolo, al tempo consigliere comunale di Roma, con l’intento di portare l’attenzione della politica e dell’opinione pubblica sulla necessità di un fisco più equo per le famiglie. Anche se non è l’unica soluzione al problema, un fisco più equo che incentivi e sostenga la natalità sarebbe un forte segnale politico e culturale a favore della famiglia. In altre parole, l’aspetto culturale e quello economico – fiscale sono due facce della stessa medaglia.

Un altro aspetto che si rivela nemico della crescita demografica è il problema della condizione femminile per quanto riguarda l’accesso al lavoro. Disattesi completamente i principi e le finalità costituzionali previste per la tutela della lavoratrice madre, le donne trovano molti ostacoli nell’accesso al lavoro: difficile – se non impossibile – è la conciliazione tra famiglia e lavoro. La maternità diventa un ostacolo alla carriera e alla conservazione del posto di lavoro.  Il risultato è che sono sempre di più le donne che non lavorano e non fanno figli[5].

Non possiamo far finta di niente. Non dobbiamo rassegnarci. Bisogna reagire. Il problema della denatalità in Italia deve tornare all’interno della discussione politica. I figli sono il futuro dell’Italia. Faccio mie, condividendole appieno, le parole di De Palo: «Quello che preoccupa ancora di più è la rassegnazione con cui prendiamo atto di questi dati. Ma per chi stiamo facendo tutti questi sacrifici se abbiamo perso il desiderio di esserci? Ogni anno va sempre peggio e non si può andare avanti a colpi di bonus bebè. Occorre riflettere seriamente perché meno figli vuol dire meno futuro e meno Italia[6]».

Massimo Magliocchetti

@MagliocchettiM


[1] Cfr. Maria Emilia Bonaccorso, Lorenzin: allo studio misure contro culle vuote. E’ il principale problema economico italiano”, Ansa, 19 febbraio 2016.

[2] Cfr. Forum delle Famiglie, Denatalità, meno bambini, meno futuro, meno Italia. È ora di scegliere tra impegno e rassegnazione, Comunicato Stampa, 19 febbraio 2016.

[3] Cfr. Ministero della Salute, Relazione del ministro della Salute sull’attuazione della legge contenente norme per la tutela sociale della maternità e per l’interruzione di gravidanza (194/1978), 26 ottobre 2015, pag.1.
La relazione inviata dal Ministero della Salute al Parlamento presenta i dati definitivi del 2013 e quelli preliminari per il 2014.

[4] Cfr. Giovanna Pasqualin Traversa, Caro figlio quanto mi costi … Un salasso assicurato per i genitori mentre lo Stato resta a guardare, Sir, 22 febbraio 2016.

[5] Cfr. Gian Paolo Salvini S.I., Meno bambini in Italia?, La Civiltà Cattolica, 2014 III (6 settembre 2014), p.421

[6] Cfr. Forum delle Famiglie, Denatalità, meno bambini, meno futuro, meno Italia. È ora di scegliere tra impegno e rassegnazione, Comunicato Stampa, 19 febbraio 2016

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