La famiglia adottiva: le fasi e i compiti di sviluppo

(in “La Voce della Vita” ed. ottobre 2015)

12041763_1138696479477051_1156780292_nDal latino “ad optare”, tendere al desiderio, gli attribuiamo il significato di “far entrare in una famiglia un bambino nato da altri”.

La storia dell’adozione inizia nell’antico Egitto, e ne troviamo traccia già nel codice di Hammurabi. Tuttavia solo dagli anni ’70 si approda ad un nuovo concetto di adozione, in cui il bambino è posto al centro, insieme al suo bisogno di essere inserito in un contesto favorevole e familiare, nel quale ricevere le cure necessarie per trascorrere una vita serena e ricca di amore. Lo scopo primario è quello di dare una famiglia a coloro che ne sono privi e solo successivamente, come fine secondario, quello di donare un figlio a chi non ne ha.

Nella selezione delle famiglie idonee all’adozione sono privilegiate quelle che hanno già uno o più figli.

Lo scopo principale dell’adozione consiste nel dare una famiglia a minori in stato di abbandono, privi di assistenza da parte dei propri genitori o parenti.

In una famiglia adottiva è di vitale importanza non pensare all’adozione come ad una nuova nascita, un nuovo inizio, cercando di dimenticare il passato, ma piuttosto sapere e informarsi sulle motivazioni dell’abbandono del bambino, conoscere il suo trauma per permettergli di superarlo, senza tuttavia spezzare ogni legame con la sua cultura. In poche parole, i genitori devono aiutare il bambino a recuperare la continuità con il proprio sé.

La condizione dell’adozione si contraddistingue come precaria, data dalla rottura, per il bambino, del suo legame primario, dal cambiamento del suo cognome, dallo sradicamento dal territorio in cui è nato o vissuto o, nel caso dell’adozione internazionale, dal proprio contesto culturale. Proprio per questo è necessario intendere come protagonisti dell’adozione non solo i bambini e i nuovi genitori, ma anche i genitori biologici che continueranno sempre e comunque ad avere un ruolo primario durante la vita dell’adottato.

È fondamentale che i genitori adottivi aiutino il bambino a porre ordine nella propria vita, e a riordinarne i pezzi.

Come per tutte le famiglie, anche per quella adottiva si parla di ciclo di vita, diviso in fasi.

La prima possiamo chiamarla “fase generativa”, in cui la coppia vive il suo normale percorso. Questo viene interrotto in un dato momento dalla consapevolezza della propria sterilità. E da adesso la coppia deve rivedere tutto il suo progetto: la famiglia non sarà più come l’avevano immaginata, il bambino come loro pensavano. E’ necessario passare dall’idea del progetto biologico a quella adottiva.

I compiti di sviluppo di questa coppia consistono nell’ elaborare la sterilità, ridisegnare il proprio progetto di generatività e rendere partecipe la propria famiglia dell’idea di adozione.

Questo terzo compito di sviluppo è molto importante, in quanto l’adozione rende partecipe non solo la coppia genitoriale, ma tutta la famiglia, inclusi nonni, zii, i cugini ecc…

Il quarto compito è quello di accettare l’attesa come momento di preparazione all’incontro adottivo. Il quinto ed ultimo, valutare l’abbinamento e creare uno spazio emotivo per accogliere il bambino.

La seconda fase è la formazione, fondamentale in quanto segna il passaggio dalla diade coniugale alla triade familiare. Anche qui possiamo riscontrare dei precisi compiti di sviluppo, legati all’inserimento del bambino nella famiglia:

  • costruire la genitorialità adottiva
  • legare tra di loro le generazioni inserendo nella famiglia un’origine diversa
  • sostenere il figlio nel suo inserimento sociale

L’elemento principale nella famiglia adottiva, e in generale in tutte le famiglie, è la centralità del bambino e dei suoi bisogni.

Chiara Nardi

 

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