La pena di morte no

Articolo pubblicato su “La Voce della Vita” Ed. Aprile 2016

Concludiamo il nostro percorso sulla pena di morte. Analizziamo perché bisogna dire “no” e combattere le contraddizioni moderne

Le ragioni del “no”Spegnere una vita non è mai un bene. Anche se questa si è macchiata dei crimini più orrendi. La pena di morte non è una soluzione e non può essere compresa nel concetto di giustizia. Eppure per secoli è stato così e in molti Paesi lo è tutt’ora.

Di solito si fa riferimento a Cesare Beccaria per quanto riguarda la lotta a questa forma di punizione. L’autore si soffermava sul ruolo dello Stato. Il diritto statale sarebbe la somma dei diritti individuali dei cittadini: se questi secondo la legge non possono uccidere, non può farlo neanche il Governo. La libertà di uccidersi scioglierebbe il contratto sociale tra governanti e popolazione. La lotta alla pena di morte è iniziata ben prima, ai tempi di Mosè. Tra i Dieci Comandamenti, il quinto recita “non uccidere”. Se ci si pensa bene, per l’epoca a cui risale l’affermazione è di portata rivoluzionaria. Non ci sono condizioni né scappatoie, è assoluto. Il Catechismo della Chiesa cattolica riconosce che il divieto di togliere la vita a qualcun altro ha solo un’eccezione: quando non ci sono altre soluzioni per proteggere la propria o quella altrui. Si tratta, in sostanza, della legittima difesa.

Gli argomenti contro la pena di morte sono molti. Prima di tutto viola il diritto alla vita, riconosciuto da diverse dichiarazioni e trattati tra i quali la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo. All’articolo 3 essa cita: “Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà e alla sicurezza della sua persona”. Sempre secondo questo documento, nessuno può essere sottoposto a una punizione crudele, inumana e degradante. La pena capitale lo è, in quanto colpisce prima la mente, e poi il corpo del condannato. Spesso, i suoi sostenitori usano l’argomento secondo cui essa farebbe da deterrente contro i crimini più efferati. Le statistiche però smentiscono questa tesi. Uccidere il condannato non gli permette di iniziare un percorso che porti alla sua riabilitazione come individuo nella società. Inoltre non si potrebbe rimediare a una condanna ingiusta. Spesso persone finiscono in carcere o al patibolo per errori giudiziari causati da negligenza della magistratura o delle forze dell’ordine. Non sono da trascurare neanche i casi di condanne in seguito a prove false. La pena di morte non dà alcun conforto ai familiari della vittima, nonostante le dichiarazioni che a volte questi fanno a caldo di fronte ai media.

 

Contraddizioni – I precedenti articoli sulla pena di morte sono stati costruiti come un viaggio tra i principali Paesi che la applicano. Come conclusione di questo filone è sembrato giusto dare degli argomenti a sostegno del “no” a questa forma di punizione. Durante le ricerche per scrivere questo pezzo, sono state trovate alcune contraddizioni. In diversi casi, chi è a favore dell’abolizione è però sostenitore dei millantati “diritti” all’aborto e all’eutanasia. La principale organizzazione non governativa che si batte per l’abolizione della sentenza capitale è Amnesty International. Questa è stata fondata negli anni Settanta da due cattolici e ha sempre portato avanti battaglie basate sulla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo. Eppure negli ultimi anni ha intrapreso una deriva che l’ha portata a prendere posizione ufficialmente in favore del diritto per le donne ad abortire in caso di gravidanza causata da stupro. Non è escluso che in futuro possa passare al sostegno dell’aborto in generale. Se si ragiona, ci si accorge che chi appoggia queste posizioni considera la morte e la vita come composte da diverse sfaccettature e non come concetti unici. Perciò, lo Stato non ha diritto di togliere la vita, ma l’individuo può scegliere consapevolmente – in teoria – di uccidersi tramite eutanasia o suicidio assistito. Peggio ancora, esisterebbe la facoltà di uccidere un innocente tramite l’aborto, semplicemente perché non desiderato.

Quando ci si batte per l’abolizione della pena di morte è necessario fare un ragionamento di coerenza e tornare a pensare alla vita e alla morte come concetti assoluti. Non possiamo uccidere, punto. Che si tratti di altre persone, di un condannato, di un bambino in gravidanza o di noi stessi.

 

Emiliano Battisti

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