POLONIA: NUOVI SVILUPPI SUL TEMA ABORTO

Articolo pubblicato su “La Voce della Vita” Ed. Maggio 2016

LA TRAGEDIA INIZIALE- Un neonato affetto da sindrome di Down è sopravvissuto ad un aborto, ed è stato lasciato morire senza che alcun operatore sanitario gli prestasse soccorso.  Questo è quanto accaduto lo scorso mese in Polonia, nell’ospedale “Sacra Famiglia” di Varsavia. La madre del neonato aveva tutte le carte in regola per sottoporsi alla procedura di aborto e si trovava alla 24esima settimana di gravidanza. Dopo essere stata ricoverata nella clinica, i medici hanno inizialmente pensato di procedere tramite la pillola abortiva, ma per circostanze ancora non chiare la pillola ha fallito. Nel giro di ventiquattr’ore si è proceduto per via chirurgica, tuttavia il bambino una volta uscito dalla pancia della mamma era ancora vivo e cosciente. Da qui è iniziata la folle deriva che ha suscitato tanto clamore nell’opinione pubblica: il bambino si trovava sul tavolo della sala operatoria e piangeva a dirotto, urlando e dimenandosi a causa degli atroci dolori dovuti al fallito intervento abortivo. L’intero personale ospedaliero,che fino a qualche minuto prima si era dato tanto da fare per effettuare la pratica abortiva, non ha prestato alcun soccorso al piccolo agonizzante. In questo modo il neonato è stato lasciato morire, tra le urla e il pianto, dall’intero staff medico.

LE PRIME RIPERCUSSIONI- I giorni successivi all’accaduto sono stati pieni di ripercussioni, perché un evento tanto grave non poteva passare inosservato alla comunità polacca. La prima a muoversi è stata Anna Wiejak, giornalista in una delle più grandi testate nazionali, che ha sottolineato nel suo resoconto come “Il pianto di quel bambino è stato talmente traumatico per il personale,che loro stessi hanno ammesso che non potranno mai dimenticarlo”.DorotaJaslowska-Niemyska, portavoce dell’ospedale, si è limitata a constatare che lo staff medico ha semplicemente seguito quanto previsto dalla legge. Tuttavia nelle due settimane successive all’accaduto sono iniziate grandi proteste fuori dall’ospedale e le associazioni prolife polacche hanno insistito affinché la Procura si occupasse della vicenda.In effetti, in seguito al grande clamore suscitato, è stata avviata un’indagine sull’ospedale e il suo personale, che ora rischia una condanna per omissione di soccorso e per omicidio. Secondo il codice penale polacco, ogni essere umano appena nato è un “bambino” a tutti gli effetti e quindi la sua vita va tutelata e protetta. Il piccolo era “nato” ad appena 24 settimane,un’età davvero critica, anche se in medicina ci sono diversi casi di bambini così piccoli sopravvissuti grazie a cure tempestive.

UNA PROPOSTA DI CAMBIAMENTO-La reazione ad un evento tanto aberrante non si è conclusa con le accuse all’ospedale, ma ha preso strade sempre più forti, fino a culminare con la richiesta al Parlamento di creare una commissione speciale per riscrivere la legge che regola la pratica dell’aborto. Quest’ultima, in vigore dal 1993, consente ad una donna di accedere alla procedura d’aborto solamente nel caso di violenza, di pericolo di salute della madre e di malformazione del bambino. Le linee guida alla base di questo rinnovamento sono quelle di limitare la pratica abortiva al solo caso di serio pericolo di vita per la madre, anche con un aumento degli anni di detenzione, da due a cinque, per coloro che praticano aborti illegalmente.

GLI ULTIMI SCONTRI-Il Parlamento ha accettato la richiesta per la creazione di questa commissione speciale e questo ha dato inizio a un nuovo turbinio di polemiche. Da una parte si schiera il Governo polacco di impronta conservatrice, con la maggioranza del popolo che si dichiara cattolico e contrario all’aborto in ogni sua forma; dall’altra troviamo il partito di Sinistra dell’opposizione e molti gruppi, guidati da organizzazioni femministe, che protestano per mantenere un margine di libertà per le donne che desiderano accedere alla pratica abortiva. Il braccio di ferro tra le due parti ha portato a scendere in campo anche “poteri più forti”: da un lato si è schierata la commissione episcopale polacca che ha precisato che “quando si tratta di difendere la vita del nascituro non si può rimanere fermi al compromesso raggiunto con la legge del 1993”.Dall’altra parte sono stati i mass media a dare il loro aiuto. In particolare l’élite del grande giornale polacco, GazetaWyborcza, che negli anni passati aveva supportato il tentativo del governo precedente di allargare le maglie dell’aborto, ha fatto circolare informazioni sbagliate sulla proposta di legge. Nel giornale si legge che saranno perseguite anche le donne che abortiscono (e i medici che praticano l’aborto) qualora tentino di salvare la loro vita. In realtà nel testo proposto ai cittadini è scritto che le pene sono previste solo per chi costringa le donne ad abortire e per i medici, esclusi i casi in cui la vita della donna sia in pericolo. Le madri invece non saranno condannate a meno di circostanze particolari e a discrezione del magistrato.

Lo scontro tra le due fazioni avrà il suo epilogo nei prossimi giorni, e ci auguriamo che possa essere costruttivo per ambo le parti. Ciononostante è giusto sottolineare il coraggio e la determinazione della nazione polacca, che ha saputo trasformare una tragedia come la morte di quel bambino in un punto di partenza per la difesa indiscutibile della Vita, in ogni sua forma.

Giacomo Paradisi

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