Quando un batterio extraterrestre è vita e un bambino in gravidanza no

(ed. Febbraio 2016 de “La Voce della Vita“)

Per smentire il concetto secondo il quale un embrione o un bambino in gravidanza non sarebbero da considerare vita, basta pensare a cosa ci basterebbe per dichiarare l’esistenza della vita extraterrestre.

Il dibattito su cos’è la vita e da quando inizia diviene piuttosto caldo quando si tratta del tema dell’aborto, dove ci si schiera su fronti opposti sul concedere o meno all’embrione, o addirittura al cosiddetto feto, lo status di “essere vivente”. Per fornire spunti di riflessione, questo articolo si baserà sulla scienza, sulla storia e, soprattutto, sulla coerenza di pensiero.

Da secoli l’umanità si interroga sull’esistenza della vita al di fuori del pianeta Terra, sin dalle teorie sui canali artificiali di Marte, “osservati” dagli astronomi Giovanni Virginio Schiapparelli e Percival Lowell. Per chi scrive, la vita extraterrestre esiste per un semplice calcolo statistico: la nostra galassia (la Via Lattea) comprende miliardi di stelle, con miliardi di pianeti e l’Universo ha miliardi di galassie perciò è altamente improbabile che un solo pianeta abbia sviluppato le caratteristiche atte a ospitare forme di vita. Peraltro, sempre secondo chi scrive, pensare che la Terra sia l’unico posto a ospitare la vita nell’intero Universo (chi ci dice sia “Uni”?) porrebbe esagerati limiti alle potenzialità del Creato. Nonostante l’inesistenza dei canali artificiali su Marte, il “Pianeta Rosso” è ancora al centro delle attenzioni per quanto concerne la ricerca della vita extraterrestre. Sin dalla prima sonda automatica fatta atterrare sulla superficie del pianeta – la Viking 1 nel 1976 – l’agenzia spaziale statunitense NASA ha investito un’ingente quantità di fondi per risolvere il mistero. Dopo anni di studi e svariate missioni arrivate sia in orbita sia sulla superficie di Marte, è stata confermata la teoria secondo la quale in passato l’atmosfera del pianeta era simile alla nostra e la presenza d’acqua, in mari e fiumi, era considerevole. Dunque non si ha la certezza, ma non si può escludere, che Marte abbia ospitato in passato forme di vita più o meno composte e/o intelligenti. I dati forniti dall’ultima missione automatica sul pianeta, il rover Curiosity (grande quasi come un’utilitaria e atterrato nel 2012), hanno dato conferma a una nuova ipotesi formulata negli ultimi anni: su Marte ci sarebbe acqua depositata sotto la superficie che periodicamente risale “bagnando” il terreno. L’implicazione di questa scoperta è semplice quanto importante: si riaprirebbe la strada all’ipotesi che Marte ospiti ancora oggi forme di vita, anche se a livello di batteri.

Recentemente un altro corpo celeste è finito nel mirino degli astronomi per quanto concerne la ricerca della vita: Europa, uno dei quattro satelliti di Giove detti “medicei”, chiamati così da Galileo, loro scopritore, in onore della famiglia de’ Medici. Secondo diverse osservazioni con strumenti non solo ottici (sui quali non ci si dilungherà perché non attinenti allo scopo di questo scritto) sembra essere altamente probabile la presenza di mari salati sotto la superficie ghiacciata del satellite. Un mare salato, se risultasse simile a quelli terrestri per elementi presenti, potrebbe essere l’habitat non solo di batteri, ma addirittura di esseri viventi di tipo marino, come molluschi, crostacei o, addirittura, pesci. Per verificare quest’ipotesi, sia la NASA sia l’ESA (l’Agenzia spaziale europea) stanno pianificando il lancio di sonde automatiche da inviare su Europa (in orbita o sulla superficie) dotate di appositi strumenti per la rilevazione di acqua.

Il telescopio spaziale Kepler, lanciato nel 2009 dalla NASA, sta studiando i cosiddetti pianeti extrasolari, ossia quelli che orbitano attorno ad altre stelle della nostra galassia. L’obiettivo è quello di trovare un pianeta simile al nostro che potrebbe ospitare, ora o in futuro, forme di vita o, perché no, essere raggiunto in un futuro remoto dall’umanità. In base ai numerosi pianeti scoperti da Kepler (più di 1000) e a quelli che orbitano le loro stelle nelle “zone abitabili” (zone non troppo vicine né troppo lontane dalla stella, in modo da consentire un habitat simile a quello terrestre), si stima che solo nella nostra galassia ci siano 40 miliardi di pianeti di questo tipo.

In questo piccolo viaggio spaziale abbiamo visto come la vita extraterrestre è più che probabile nella nostra galassia e non dobbiamo neanche andare a cercarla tanto lontano, viste le evidenti possibilità della sua presenza già nel Sistema Solare. Come abbiamo analizzato quindi, agli scienziati basta scoprire l’esistenza di un organismo semplice come un batterio in un corpo celeste diverso dalla Terra per dichiarare al mondo – giustamente – che la vita extraterrestre è una realtà. Un embrione umano o il bambino durante la gravidanza, anche durante il periodo in cui è possibile abortire in Italia, sono organismi viventi decisamente più complessi e sviluppati. Eppure c’è ancora dibattito tra chi li considera vita e chi no, chi concede loro il diritto di vivere e chi no. Le stesse persone che sostengono che l’embrione e/o bambino non siano vita, probabilmente non troverebbero nulla da ridire in caso dell’eventuale annuncio di batteri marziani come prima forma di vita extraterrestre conosciuta. Gettiamo la maschera e prendiamoci le responsabilità delle nostre azioni: vogliamo permettere l’aborto? Va bene, ma non giustifichiamo l’atto con il semplicistico pensare che non si stia spegnendo una vita, perché lo è se lo è anche un batterio extraterrestre. Per chiudere: storicamente è la comparsa dell’acqua liquida e dei primi organismi cellulari in grado di attuare la fotosintesi (tra i 4,4 e i 2,7 miliardi di anni fa) a essere considerata l’inizio della vita sulla Terra, non la nascita dei primi esseri umani.

Emiliano Battisti 

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