SVIZZERA: IL PAESE DELLE CLINICHE PER IL SUICIDIO ASSISTITO

Un piccolo viaggio per capire meglio come funziona la pratica dell’eutanasia a pochi chilometri dal nostro confine.

Eutanasia e pietà

Se ogni persona come tale è un fine e non è mai soltanto un mezzo, allora nessun uomo o autorità umana può decretare la fine della sua esistenza”. Così ha detto il Cardinale Camillo Ruini, Vicario Generale Emerito di Sua Santità per la Diocesi di Roma in un’intervista al CAV di Roma Talenti parlando della questione della pratica dell’eutanasia.

Eppure la realtà è ben diversa, oggi la persona ha diversi modi per accedervi. Esistono due tipi di eutanasia: passiva e attiva. La prima consiste nell’interrompere quelle cure necessarie a tenere in vita un paziente affetto da una malattia mortale; la seconda, nel provocare la morte del paziente tramite opportuni farmaci.

Fuori dall’Unione Europea, l’India permette ai propri cittadini di usufruire dell’eutanasia passiva, mentre tre stati degli Stati Uniti, Vermont, Oregon e Washington (da non confondere con la capitale), prevedono la possibilità di ricevere l’eutanasia attiva. Tuttavia, non è necessario spingersi così lontano per accedere a queste pratiche.

Nell’Unione Europea, il Lussemburgo, i Paesi Bassi e il Belgio permettono l’eutanasia attiva, mentre l’Ungheria quella passiva. Un Paese però si distingue da tutti gli altri. Si trova in Europa (non nell’Unione Europea) e confina con l’Italia: la Svizzera.

Nella Confederazione, l’eutanasia, o meglio, il suicidio assistito, si pratica sin dal 1942 e con un livello sempre maggiore di “professionalità”.

Le associazioni Dignitas e Exit Italia sono molto attive nel nostro Paese per promuovere il “diritto all’eutanasia”.

Una domanda importante è: come funziona il suicidio assistito in Svizzera?

Una commissione medica della struttura prescelta valuta preliminarmente la richiesta del paziente. In caso di esito positivo, il malato terminale è autorizzato a recarsi in Svizzera e presso la clinica viene sottoposto a ulteriori esami e un medico è “obbligato” a cercare di dissuadere il paziente dal suo proposito. Nel caso quest’ultimo decida di proseguire, la procedura è la seguente: al malato sono somministrate due pastiglie di antiemetico e un bicchiere d’acqua con 15 grammi di un potente narcotico,l’importante è che l’ultimo atto venga compiuto dal malato stesso e non dal personale assistente (anche nel caso di somministrazione tramite sonda alimentare o endovena).

Terminata la procedura, in pochi minuti il paziente cade in coma profondo a cui segue la paralisi che intacca le vie respiratorie provocandone il decesso.

L’intero processo viene filmato per facilitare il lavoro del medico legale e per garantire la massima trasparenza.

Emiliano Battisti

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