Intervista ad Angela, ostetrica in pensione

(ed. Febbraio 2016 de “La Voce della Vita“)

D:   La legge 194 /78 prevede al suo interno, un colloquio cosiddetto di “riflessione”. A suo avviso e secondo la sua esperienza, le donne che si rivolgono ai consultori e/o alle strutture ospedaliere, sono invitate a farlo?

R:   Se c’è il colloquio, la riflessione non si dovrebbe limitare solo al parto, ma dovrebbe procedere concretamente:

  1. a)  analizzare il movente della decisione;
  2. b)  aiutare a livello morale e soprattutto a livello pratico ;
  3. c)  mettere in moto la rete delle varie associazioni preposte;

Il tutto senza perdere la relazione durante la gravidanza e dopo il parto con la donna.

Il lavoro dell’accompagnamento deve sostenere la donna. La quale si deve sentire accolta, amata, accompagnata in un cammino che sfocia in una nuova vita, la quale è dono e dono prezioso.

D:   Se no, quale valenza, invece, secondo lei, avrebbe un colloquio di riflessione in una donna in procinto di abortire?

R:   Nell’ambiente dove manca la possibilità del dubbio, da parte della donna, diventa tutto come una catena di montaggio che prosegue inesorabilmente verso una via senza uscita e senza ritorno.

D:   Orientativamente, quante donne, secondo lei, vorrebbero potersi confrontare con qualcuno prima dell’ultima scelta?

R:   Ad eccezione delle donne impreparate o quelle costrette dai genitori per disonore o vergogna o spinte dal partner ad annullare l’errore, ci sono donne , invece, che aspettano qualcuno che dia loro una mano per uscire dal baratro. Se sono fortunate ad incontrare al posto gusto e al momento giusto, una figura non solo professionale, ma soprattutto materna e propensa alla vita, si sentiranno rafforzate e piene di coraggio e volontà, per portare avanti la gravidanza, sapendo che non sono sole.

 

D:   Crede che la presenza di un centro di aiuto per la vita all’interno di una struttura pubblica ospedaliera, potrebbe essere di sostegno per poter valutare ulteriori alternative all’aborto?

R:   Sono senz’altro d’accordo per la presenza di un Centro di Aiuto per la Vita (CAV) all’interno di una struttura pubblica.

Il personale del CAV deve far parte dell’equipe del personale qualificato che accoglie le donne che hanno intenzione di abortire. Solo in questo modo possiamo aiutare la donna a riflettere sull’importanza e sulla bellezza di un figlio.

Stefania De Angelis

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