Passato e futuro del volontariato in Italia

(ed. Dicembre 2015 “La Voce della Vita”)

È il 22 maggio del 1975. A Firenze nasce il primo Centro di Aiuto alla Vita (CAV) con lo scopo di ridurre il fenomeno dell’aborto, all’epoca illegale ed effettuato in clandestinità, e di concretizzare le linee guida della Chiesa in materia di vita, espresse nell’enciclica Humanae Vitae di Paolo VI.

Nel 1980 nasce il Movimento per la Vita, in risposta alla nuova legge sull’aborto che legalizzava “l’interruzione della gravidanza” in casi specifici. Per queste associazioni che operano sul piano sociale e politico prioritario è il concetto di vita, intesa sin dalla fase embrionale, in cui l’individuo possiede già, in virtù del suo corredo genetico, unicità e dignità. Questa visione non è a oggi da tutti condivisa, venendo spesso definita anacronistica, esagerata, talvolta oscurantista.

La vita ai giorni nostri non ha una definizione oggettiva, essa è sottoposta all’opinione. A difesa di una vita insindacabile e inviolabile sono scesi in campo i movimenti sopra citati, fiancheggiati costantemente dalla Chiesa. Il volontariato per la vita ha da sempre, inevitabilmente, un legame stretto con il mondo cattolico. Nonostante il volontariato in generale non sia una realtà puramente di natura confessionale, è evidente che la difesa della vita nelle sue molteplici fasi è prerogativa esclusiva di movimenti cattolici.

La battaglia culturale si completa con quella legislativa, già portata avanti dal Movimento per la Vita opponendosi alla liberalizzazione progressiva dell’aborto e proponendo una maggiore tutela della maternità. La situazione però risulta seriamente preoccupante dal punto di vista sia culturale ma anche più concretamente da quello politico.

In occasione del 35° convegno CAV si è affrontato proprio questo tema, il volontariato per la vita tra passato e futuro. La situazione in prospettiva non è idilliaca: nel 2014 sette case di accoglienza collegate al Movimento per la Vita sono state chiuse per mancanza di sostegno da parte del governo, giacché molte regioni non riconoscono il volontariato che è così costretto ad aumentare i costi per il proprio operato.

Il Presidente del Movimento per la Vita Gian Luigi Gigli ha dichiarato: “Chiediamo alle istituzioni l’identificazione di fondi specifici per la tutela della maternità e una legge che consenta al personale volontario in possesso di determinati titoli e requisiti di poter essere considerato ai fini dell’accreditamento e delle convenzioni”.

La strada per la vita sembra in salita, minacciata dalla cultura dominante e dalla politica stessa, che dovrebbe invece riconoscerne l’importante ruolo sociale. Ma in fondo la natura del volontariato è proprio questa: rispondere a una chiamata alla quale molti sono sordi, e ritrovarsi, il più delle volte, in pochi contro tanti.

Mattia Patriarca

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